Nell’ultimo decennio la famiglia italiana ha attraversato dei momenti di grave crisi e i figli sono stati spesso posti al centro del conflitto tra i genitori. Nell’evoluzione normale del bambino sono spesso presenti timori, ansie e momenti di tristezza, contenuti e trasformati attraverso valide relazioni familiari e sufficienti risorse interne al bambino.
La rottura del legame tra i genitori e l’intenso stato di conflitto può invece far riemergere, in modo spesso intenso e patologico: ansie, timori di abbandono, angosce persecutorie e depressive; nel bambino vengono a mancare proprio quei punti di riferimento chiari e rassicuranti di cui avrebbe bisogno. La separazione di per sé non porta necessariamente ad effetti negativi e patologie ma è il conflitto e la “cattiva separazione” che porta a grandi sofferenze.
Nelle separazioni conflittuali, infatti, i bambini sono a rischio di danno evolutivo e possono attivarsi in loro molteplici vissuti e fantasie come, ad esempio, la tendenza a colpevolizzarsi per la separazione dei genitori e fantasticherie rispetto alla loro riunificazione, anche in seguito alla ricostituzione di nuovi legami affettivi con altri compagni. Tali vissuti vengono spesso aggravati dai tentativi di manipolazione che tendono a spingere i bambini da una parte o dall’altra del conflitto genitoriale. Talvolta i genitori, seppur consapevoli che il loro comportamento porterà danni psicologici al figlio, si ritrovano all’interno di una relazione perversa che non gli consente di astenersi ma di perseverare in comportamenti disfunzionali per se stessi e per i loro bambini, pur di soddisfare la rabbia e il risentimento verso l’ex compagno/a.
L’anno successivo alla separazione sembra essere quello più impegnativo dal punto di vista emotivo, sia per il dolore del distacco sia per i cambiamenti dovuti dalla necessità di riorganizzare la propria vita (Montecchi F., 2019).
Separarsi non significa soltanto perdere il proprio partner ma rinunciare a tutte le cose in comune, compresi gli ideali che un tempo sostenevano la coppia e la vita insieme. La separazione sconvolge gli strati più profondi dell’individuo e scava nel suo aspetto peggiore, portando a volte: rabbia, odio, vendetta, cattiveria, falsità e invidia. Nella loro guerra gli adulti non risparmiano i figli, fino a che non troveranno il modo di riconciliarsi. La letteratura classica ci offre la tragedia “Medea” di Euripide.
Medea, con il suo potere magico, aiuta Giasone a conquistare il vello d’oro. Giasone per riconoscenza la sposa e giura davanti agli dèi eterna fedeltà. La tragedia inizia al punto in cui Giasone abbandona sua moglie per sposare la figlia di Creonte, Glauce. Giasone non vuole essere suo nemico ed offre a Medea sostegno, cure ed aiuto economico, per lei e i loro figli, ma l’ira di Medea lo allontana e escogita terribili piani per vendicarsi: con uno stratagemma manda a Glauce un vestito da sposa avvelenato, in cui prende fuoco atrocemente e, per colpire suo marito, sacrifica i suoi figli uccidendoli. Medea uccide per odio, rabbia e rancore verso Giasone, che lentamente va in rovina e muore in solitudine.
Riconciliarsi è la prova più gravosa e matura dell’essere umano nell’ambito delle relazioni. Non significa rinunciare alla discussione o ad uno scontro volto a difendere i propri diritti e proteggersi da un torto subito. Riconciliazione è la riappacificazione con il male che ognuno ha in sé, che una volta riconosciuto, non si oppone più al cambiamento; significa riconoscere ciò che di irrazionale c’è in sé e nell’altro, per poter porre fine a questo ciclo distruttivo (Petri H., 2000).
La maggior parte dei fallimenti matrimoniali potrebbe essere gestita in termini clinico-terapeutici e di mediazione familiare, dove il conflitto viene letto in termini di disagio psichico e le energie emotive ed economiche utilizzate per la battaglia legale indirizzate per gestire la separazione con un supporto clinico, in modo da non danneggiare i figli e la qualità della propria vita. È possibile trasformare un’accanita conflittualità in solidarietà e offrire ai propri figli una genitorialità più integrata e meno scissa (Montecchi F., 2019).